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RaiPlay bocciata dalla Vigilanza Rai

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Alberto Barachini

La  fa le pulci alla Rai. Anche nell’epoca dell’efficientismo proclamato dall’Ad Carlo Fuortes, la commissione parlamentare ha avanzato dei rilievi destinati probabilmente a incidere sulle decisioni di governance del servizio pubblico. Le annotazioni – secondo quanto riporta Il Sole24Ore – sono contenute in un report (Documento conclusivo dell’indagine conoscitiva su modelli di governance e ruolo del Servizio pubblico radiotelevisivo) sottoposto proprio quest’oggi all’analisi della Commissione. In esso, si parla di durata degli incarichi apicali (cinque anni invece degli attuali tre), di introiti pubblicitari e pure di gestione dei diritti.

Il documento di lavoro, nato su iniziativa Andrea Romano (Pd) e del presidente della Vigilanza Alberto Barachini (Fi), assume un particolare interesse in quanto è frutto di una serie di audizioni che hanno coinvolto anche Ebu, Agcom, Confindustria Radiotelevisioni e Anica. Le istanze evidenziate, dunque, sono corali e non politiche in senso stretto.

Il report – riporta Il Sole – sottolinea la necessità di incrementare la credibilità e la riconoscibilità dell’offerta editoriale del servizio pubblico, indipendentemente dall’inseguimento dei target pubblicitari e dai confronti con la tv commerciale. Un concetto non certo nuovo, che anche in passato e a più riprese aveva trovato spazio, scontrandosi poi con la realtà dei fatti dettata dalla necessità di rispondere anche alle logiche degli ascolti.

Il documento, sul fronte editoriale, boccia inoltre RaiPlay: la decantata appendice digital del servizio pubblico secondo i firmatari del rapporto non sarebbe autenticamente competitiva con gli Ott e i colossi dello streaming. E in effetti c’è ancora molto da lavorare sulla piattaforma. Viene poi stigmatizzato il modello canone-pubblicità, “un mix di risorse che non sembra destinato a poter durare ancora a lungo“. La pubblicità, infatti, viene definita un bene sempre più scarso, su cui Rai non potrà fare affidamento a lungo. Considerazioni destinate a interessare anche lo stesso Ad Fuortes, che in tempi non sospetti aveva lamentato l’inadeguatezza dell’importo del canone rispetto alle esigenze dell’azienda.

Ma proprio sul canone, la discussione è aperta e piena di sfaccettature. Secondo i relatori del documento portato in Vigilanza, non è possibile destinare l’intero extra gettito del canone alla Rai senza prima trovare una nuova fonte di finanziamento per il “Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione” e, soprattutto, senza prevedere una quota minima di investimenti nella produzione di contenuti audiovisivi originali di qualità. Secondo il documento, infatti, gli investimenti Rai avrebbero visto una riduzione di circa il 20% su base annua.

Sempre poi destinata a non convincere i vertici aziendali la proposta di gestione dei diritti di proprietà intellettuale, che attualmente la Rai acquisisce per intero o comunque almeno per il 50% da parte dei produttori indipendenti. L’indicazione contenuta del documento è quella di adeguarsi al Code of Practice della Bbc, che lascia i diritti sul materiale commissionato ai produttori concedendo all’emittente una licenza per cinque anni, prorogabile per due.


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